Mauro Focardi
STORIE DIPINTE
giovedì 21 agosto 2008
biografia
sabato 5 luglio 2008
Nel complesso e articolato tipo di rapporto AUTORE/OPERA/ FRUITORE, e nel caso specifico fra chi vi scrive, la pittura di Mauro Focardi e l’artista stesso, si è instaurato da tempo un intenso dialogo prevalentemente artistico e ricco di profonda umanità.
Ricordo Mauro lui stesso fruitore ed estimatore della mia musica intorno agli anni ’70, quando non si era ancora placato in noi quel senso di rivolta verso tutto ciò che ci pareva convenzionale, falso e discriminante in quelle manifestazioni pseudo-artistiche della cultura dominante verso quella che noi chiamavamo ed in un certo senso contribuivamo a rappresentare “cultura alternativa”.
Oggi sono io ad accostarmi alla sua pittura per arricchirmi di quell’energia cosmica del colore della quale sento un bisogno interiore irrefrenabile tale è l’ansia di riuscire a compenetrare pitture e musica in un magico accordo che non debba necessariamente risolvere, ma che rappresenti sempre in nuovo punto di partenza per la verifica e la risoluzione del problema estetico creativo di questo tempo.
La pittura di Focardi così sollecitando quella parte emozionale inconscia del nostro essere, si articola in un continuum di forme e concetti che divengono racconto ed attinge dalla istintività primordiale per divenire totalità espressiva di matrice classica.
Ma non è tanto della tonalità espressiva di Mauro dalla quale rimango stregato, quanto da quella istintività di sapore antico che mi ricorda fra l’altro il mondo infantile delle fiabe raccontate sommessamente con tono suadente e misterioso ed il cui finale è sempre sospeso e rimandato al capitolo successivo…
Ecco…fiabe senza tempo mi paiono le opere di Mauro Focardi; le potresti unire una all’altra come i tasselli di un mosaico senza fine come in effetti è il mondo interiore al quale a nessuno è concesso accedere se non con la purezza e la coerenza che lo contraddistinguono.
Leonardo Lagorio
1982
Sapore di mare
Totem
1985
E’ stato osservato come nell’attuale civiltà dell’immagine o della cosa, che dir si voglia, il tumultuoso riuso degli stili del passato (nell’arte come nelle manifestazioni della moda) solleciti un’estetica della mescolanza. Quest’estetica non appare peraltro soltanto riducibile alla “rivisitazione del museo” attuata dagli epigoni postmoderni delle avanguardie storiche. Di fatto, contro la persistenza di ogni tradizione linguistica, sembra non resti null’altro da fare che accettare l’inquietante evidenza di una definitiva rottura del legame che univa arte e tempo storico-sociale.
E’ una delle più palesi manifestazioni di questa inedita condizione, consiste nella coesistenza della nostra cultura di orientamenti, apparentemente passati ed inconciliabili, quando fondati sull’apporto delle tecnologie avanzate, quando calati invece in un assoluto antropologico.
Perciò non è casuale che oltre le superficiali, immediate suggestioni, esprima queste considerazioni a proposito della pittura di Focardi.
Anche le opere dell’artista sanremese, difficilmente archiviabili sotto una delle etichette pittoriche della contemporaneità, presentano difatti la medesima coincidenza di opposti. La stessa iniziale esperienza figurativa, basata su un impianto sintetico di forme e colori può dichiararsi neo-espressionista, o meglio neo-secessione, e al contempo venire filtrata da un poco consueto post-impressionismo, votato per una volta ad un’austerità monocroma. Quanto al campo astratto introdotto dai più recenti dipinti (in cui permane la matrice dinamica dell’astrattismo nostrano, quello di Carlo Belli, per intenderci), esso riesce a conciliare, come si è osservato, l’aniconico decorativo (di matrice orientaleggiante, in genere, ma, si potrebbe aggiungere, bizantina, ebraica o Kandiskijana) e il versante biologico, la regola della simmetria naturale e l’ispirazione surrealista, le suggestioni post-punk e il riconoscimento dei valori del selvaggio o dell’arcaico.
Liliana Ughetto
Disegnare una mappa dell’impero grande come l’impero è ancor più assurdo, quando l’impero è dentro di noi. Ma l’artista può suggerirne l’ampiezza incommensurabile dipingendone sul supporto finito le sue particelle costitutive. Le masoniti di Focardi nascono e si sviluppano proprio come opere aperte, dove molti dei brani che le costruiscono, appunto, non solo non vengono chiusi, ma si dispongono in modo da suggerire la potenziale espansione all’infinito della loro atmosfera vitale. Possono giustapporsi ad altri, purché non venga tradito l’equilibrio combinatorio; possono moltiplicarsi o sparire, regredire o gonfiarsi; possono troneggiare al centro della composizione o defilarsi ai margini del quadro; possono accentuare la loro parvenza plastica calcando le linee di contorno; oppure possono annullarsi nel magma vischioso di un colore caldo di aranciati e vermigli, anche quando la materia è consumata da momenti di graffitismo. Ma il dipinto partecipa comunque di una realtà più grande, come se ne fosse una selezionata campionatura.
Contro un sipario magico, che simula l’impressione di una profondità tanto praticabile quanto illusoria, si dispongono, in apparenza senza gerarchia alcuna, ideogrammi ricorrenti e microsistemi di segni: ora del tutto minimalisti, come le piccole flottiglie di pennellate gemelle; ora elementarmente strutturati, come gl’inserti a pettine; ora, perfino, riconoscibili in una fisicità che si direbbe appartenere alla storia, perché fiori e mezzelune paiono davvero alludere ai vasi di Morandi o alle angurie di Moreni. Anche i residui di figuratività, tuttavia, vengono filtrati e digeriti sia dal trasognamento cromatico, che tutto dissolve in dorata rifrangenza, sia da una tenace stilizzazione primitivistica che Focardi ha fatta propria meditando su quelle sculture negre che tiene numerose intorno a sé per alimentare la propria curiosità verso il volto allucinato del visibile. Da quei legni espressionisti Mauro ha derivato, certo, profili segaligni e residui antropomorfi; ma anche il gusto per l’iterazione di tratti minuscoli e paralleli, che corrispondono a scriminature e scarificazioni in maschere e statuine. E, soprattutto, qualche stimolo ulteriore per dar vita ai fantasmi suscitati da un tormento senza estasi, dall’ossessione femminile come dalla lacerazione della memoria. Da questo processo di decantazione cresce uno spazio fantastico e alternativo, un paesaggio lirico e cerebrale, che dalle plaghe del sogno sembra muovere ad ogni passo verso le selve dell’incubo.
Ma l’apparente ripudio della natura si nutre in realtà di una vigile coscienza dell’universo sensibile, corroborata da un impegno civile quotidiano e caparbio: non sarebbe così se il suo studio operoso non fosse affondato ai piedi di una torre romanica nel cuore di una Sanremo petrosa, dove i muri stillano lacrime di secoli e ogni tocco di pennello si confronta di necessità col mondo. Per questo Focardi sfoga con metodo un’impagabile vena di vignettistica satirico amaro e beffardo, dal segno pulito e forte. E per questo, sul principio degli anni ’80, ad attirare il suo percorso pittorico era una figurazione in cui corpi e luoghi erano vernicati par taches, con effetti di armonica ricercatezza ottica modulata poi in una sorta di espressionismo astratto non meno musicale; e, adesso, in una ricerca che recupera toni surrealisti e “brutalisti” con la matura consapevolezza della postmodernità. Ricordando, per analogia, l’arte dell’austriaco Fritz Hundertwasser. E rammentandoci che non si può affrontare il domani senza aver salvato dall’ecatombe qualche lacerto di forma: magari menomato e imperfetto, ma indispensabile a battere il tempo della nostra contemplazione libera e lirica.
Fulvio Cervini
Desiderio
Poesia di Pablo Neruda
Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
tu rassomigli al mondo nel tuo atteggiamento d'abbandono.
Il mio corpo di contadino selvaggio ti scava
e fa saltare il figlio dal fondo della terra.
Sono stato solo come una galleria. Da me fuggivano gli uccelli
e in me la notte entrava. con la sua invasione possente.
Per sopravvivermi tì ho forgiata come un'arma,
come una freccia al mio arco, come una pietra nella mia fionda.
Ma cade l'ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del petto! Ah gli occhi dell'assenza!
Ah la rosa del pube! Ah la tua voce lenta e triste!
Corpo dì donna mia, persisterò nella tua grazia.
La mia sete, la mia ansia senza limite, la mia strada indecisa!
Oscuri fiumi dove la sete eterna continua,
e la fatica continua, e il dolore infinito.
Desiderio
Poesia di Pablo Neruda
Mi piaci quando taci perché sei come assente,
e mi ascolti da lontano, e la mia voce non ti tocca.
Sembra che si siano dileguati i tuoi occhi
e che un bacio ti abbia chiusa la bocca.
Siccome ogni cosa è piena della mia anima
tu emergi dalle cose, piena dell'anima mia.
Farfalla di sogno, assomigli alla mia anima,
e assomigli alla parola malinconia.
Mi piaci quando taci e sei come distante.
Sembri lamentarti, farfalla che tuba.
E mi ascolti da lontano e la mia voce non ti giunge:
lascia che io taccia con il silenzio tuo.
Lascia che ti parli anche con il tuo silenzio
chiaro come una lampada, semplice come un anello.
Sei come la notte, silenziosa e stellata.
Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.
Mi piaci quando taci perché sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Poi basta una parola, un sorriso.
E sono felice, felice che non sia vero.
Movimento
Natura
Estate
A.Schopenhauer
Arte in centro - xxmiglia -anno 2000
Poesia di Garcia Lorca
Vorrei sedermi vicino a te in silenzio,
ma non ne ho il coraggio:
temo che il mio cuore mi salga alle labbra.
Ecco perche' parlo stupidamente e nascondo
il mio cuore dietro le parole.
Tratto crudelmente il mio dolore per paura
che tu faccia lo stesso.
Cercandoti
23 novembre 2008 - Ciao Enrico
Per noi gente dal respiro di salsedine, il mare è l’unica certezza del nuovo giorno.
Spesso lo si ignora, ma sappiamo che lui è lì pronto ad ascoltare i nostri pensieri, a
riempire i nostri occhi dei suoi colori.
Tu Amico mio, sei stato per tante persone e per me questo Mare.
Il Mare che un giorno dopo l’altro,senza mai fermarsi, ha accarezzato spiagge di ogni colore, superato scogli , avvolto nelle le sue onde i cuori di chiunque si immergesse in Te.
Oggi…in questo ultimo saluto mi accorgo, e spero tanti altri, del vuoto immenso che lascerai, ma come il mare le tue onde continueranno a vivere per sempre dentro di noi .
Grazie Enrico di averci donato tanto Amore.
vivere
sguardi
Ho ascoltato le foglie che si raccontavano al vento, guardato un cielo azzurro tra le nuvole veloci,
ho camminato tra cattedrali di morte, vestite da tristi fiori di plastica, ho visto il silenzio in quegli sguardi immobili...
poi ho sentito il profumo dell'erba, del mare, il rumore dei miei passi...e le note della vita son tornate a suonare.
Occhi
Vorrei che i tuoi occhi mi leggessero L’anima
Ogni pagina, ogni virgola spiegata.
Trasparente al sole
come tessuto d’estate su passi sensuali di Donna.
Occhi sui sentieri nascosti
Occhi che accendano il buio
Occhi dove guardare senza paura
dove le parole tacciono
e con un solo battito di ciglia
come ali di gabbiano saper già dove volare.
Vorrei i tuoi occhi…
per Vivere ancora.
mattino
Silenziosi sogni, emozioni nascoste vomitate da memorie ubriache. Viaggi senza note, evaporati nel mattino mentre gorgheggi di caffè s’affacciano al giorno. Come foto in bianco e nero stropicciate immagini masticate dal tempo si dissolvono nel risveglio dei pensieri . |
23 settembre 2009
Donna dai capelli di ragazza,
nella tua gioia e nella tristezza,
nel mio non capire.
Ora sei volata via silenziosa come una farfalla,
una farfalla che non vedrò più.
Un lampo ha spento il tuo cuore triste
e nei miei occhi, indelebile è rimasto il tuo muto dolore.
Ti ho abbracciato nel tuo corpo freddo,
vuota crisalide della solitaria morte.
Ti ho abbracciato nella cenere calda
ed ho sentito quanto Amore mi ha legato a Te.
Amore
Son nella musica di questo mare silenzioso che la morte ti ha rubato.
Rubato il sole, l’aria , l’Amore a volte negato.
Ho perso la musica dei tuoi passi,
i tuoi silenzi, i sorrisi.
Non leggerò più i pensieri che i tuoi occhi raccontavano.
Non sentirò più la tua mano,
implorante abbraccio tra le mie dita.
Ora la mia ombra è incerta e sola su questa spiaggia...
Quanti colori ha l’Amore… solo ora l’ho capito!